Un team italo-americano, guidato da Fabrizio Nicastro, scienziato dell’INAF di Roma, dopo 18 anni di ricerca è riuscito a individuare la “massa mancante” dell’universo. Le ricerche sono state condotte in collaborazione con le università e gli istituti INAF di Trieste, Bologna e Roma, e hanno visto la partecipazione nel nostro ateneo dal prof. Stefano Borgani, docente di Astronomia e Astrofisica presso il Dipartimento di Fisica, e in collaborazione con le università americane di Princeton, dell’Ohio, del Colorado e di Città del Messico. Si tratta dei «barioni mancanti» dell’universo, dei quali varie teorie affermavano l'esistenza, ma nessuno riusciva a comprendere dove fossero. Uno dei più grandi misteri dell’astrofisica.
Secondo il modello cosmologico ritenuto valido, circa il 95 per cento dell’universo è composto di materia oscura ed energia oscura, la cui natura è a tutt’oggi ignota. Il restante 5 per cento, composto dai cosiddetti barioni che formano galassie, stelle e pianeti, e di cui sono formati anche gli esseri umani, dovrebbe risultar visibile. Tuttavia soltanto circa la metà di questi barioni era stata finora osservata. Varie teorie prevedono che l’altra metà sia in una forma elusiva che pervade lo spazio tra le galassie e, in quanto tale, assai difficile da scovare. Oggi grazie alla disponibilità degli osservatori spaziali Chandra della NASA e XMM-Newton dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA) si è potuto individuare le tracce di questa massa mancante, dimostrando la sua esistenza, in accordo con quanto previsto dalle teorie.
La scoperta era già stata prevista nel 2005, quando Nicastro individuò alcune tracce della massa mancante osservando ai raggi X il quasar, una galassia con un nucleo attivo che rilascia un elevato numero di radiazioni, chiamato 1ES 1553+113 e distante dalla Terra circa 5 miliardi di anni luce. A quasi 10 anni di distanza, il telescopio XMM-Newton dell’ESA, grazie ai suoi sensibilissimi spettrografi, ha consentito di effettuare un’osservazione continua da record di 18 giorni e dalla quale sono emersi i due punti di una ragnatela formata da filamenti sottilissimi, quasi impercettibili e con temperature di milioni di gradi. Lo studio, concentrandosi sui raggi X emessi dal quasar sopracitato, ha rivelato degli assorbimenti di tale radiazione spiegabili solo con la presenza di atomi negli spazi tra le galassie, individuati poi come atomi di ossigeno.
Al momento, questa scoperta ha consentito di abbozzare un quadro completo sulla natura della materia visibile, costituente, come detto, solo il 5% dell’universo ma finora solo in parte conosciuta. Si rimane, quindi, in attesa del lancio del satellite europeo Athena, previsto per il 2028, che potrà permettere di completare finalmente questo quadro grazie alla maggiore sensibilità di cui saranno dotati i suoi strumenti.
Per maggiori informazioni:
Prof. Stefano Borgani
Astronomy Unit, Dept. of Physics, University of Trieste
c/o INAF - Astronomical Observatory of Trieste
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