Il 10 settembre 2020 si è spento Roberto Finzi, studioso e intellettuale di rilevanza internazionale e docente ordinario di Storia Economica dell’Ateneo a cavallo fra la metà degli anni ’90 e la prima metà del decennio successivo. Roberto Finzi si è laureato a Bologna in filosofia nel 1963, poi ha ricoperto ruoli di docenza nell’insegnamento inferiore e superiore per infine approdare all’Università di Bologna, inizialmente come assistente di Renato Zangheri. All’interno della Facoltà di Economia e Commercio di Trieste, Roberto Finzi ricoprirà pure la carica di Direttore del Dipartimento di Scienze Economiche e Statistiche per un quadriennio. In seguito si trasferisce all’Università di Bologna, dove resterà fino al pensionamento.
Roberto Finzi è stato in Italia una figura di primo piano nell’ambito della storia, della storia economica e della storia del pensiero economico. Autore poliedrico ed eclettico, impavido ed incalzante, a tratti ironico e polemico, i suoi numerosissimi articoli, libri e manuali, spesso pure tradotti all’estero, hanno avuto per oggetto un vasto ambito del sapere: hanno spaziato dalla storia italiana ed europea alla storia dell’agricoltura, da alcune analisi innovative sul pensiero preclassico e classico, con particolare attenzione a Turgot, Smith e Marx, alla storia delle telecomunicazioni.
Pure dopo il pensionamento non ha arretrato di un passo di fronte alla sfida di mettersi continuamente in questione, fino al punto di dar alla luce la possente e apprezzatissima “quadrilogia del pregiudizio” che ripercorre, in una prospettiva storica, l’atteggiamento discriminatorio e diffamatorio nei confronti del maiale, dell’asino, del popolo ebraico e della donna.
Legatissimo a Trieste per questioni sia familiari sia professionali, ma pure in virtù di una serie di grandi e durature amicizie, si è occupato di aspetti cruciali legati alla storia locale, coordinando fra l’altro il volume consacrato al “Friuli Venezia-Giulia” della celebre collana Einaudi dedicata alle regioni d’Italia. Ma Trieste gli è pure debitrice del suo prezioso lavoro svolto alla SISSA, nell’obiettivo di promuovere il dialogo scientifico multidisciplinare, e di un riuscitissimo dialogo con la nipotina sull’antisemitismo pubblicato per le Edizioni EL. Molti, inoltre, ricordano ancora quando Roberto Finzi convinse Eric Hobsbawm a tenere presso la Facoltà di Economia e Commercio una conferenza, in un’Aula Magna gremita di pubblico.
Roberto Finzi è stato pure un uomo di grandi convizioni e ideali che si sono declinati in una lucida passione politica, sempre aliena da ogni fideismo e consapevole della necessità di conciliaire l’etica della convinzione con quella delle conseguenze. Sempre attento alla voce degli ultimi, consapevolmente laico ma non riduttivamente laicista, dopo una militanza giovanile in quel Partito Radicale che all’epoca gravitava intorno al “Mondo”, si iscrisse verso la fine degli anni ’60 al Partito Comunista al quale rimase fedele, pur non risparmiandogli critiche anche feroci, fino al suo scioglimento.
Con Roberto Finzi scompare non solo un grande studioso, ma pure un testimone privilegiato della Storia d’Italia del dopoguerra. Un uomo che ha attraversato con passo deciso sogni, disillusioni e tragedie del nostro paese, ma pure della nostra città, rimanendo sempre fedele ai suoi ideali, in costante equilibrio fra il dovuto tributo all’Utopia e l’omaggio al disincanto che, come ben sapeva, tempera l’ardore delle passioni.