E' venuto a mancare il prof. Paolo Gregoretti, docente ordinario di Filosofia morale.
E' stato direttore del Dipartimento di Scienze Politiche per due mandati dal 2001 al 2004 e dal 2004 al 2008, nonché, per decenni, una figura di riferimento della Facoltà di Scienze Politiche. I docenti e il personale tecnico-amministrativo del DiSPeS lo ricordano con commozione, la sua pacatezza ed equilibrio nell’affrontare i problemi di gestione ne avevano fatto una figura amata da tutti.
I corsi da lui tenuti in Filosofia Morale, in Etica Pubblica e Bioetica, non solo nella Facoltà e nel Dipartimento, ma anche nei dipartimenti medici e scientifici, erano molto apprezzati e seguiti con attenzione e molto interesse dagli studenti.
Autore di significativi lavori di filosofia fra i quali:
"Diritti e società. Momenti di riconoscimento intersoggettivo"; Filosofia dell'azione e filosofia dell'atto puro. Nota circa il problema della genesi dell'attualismo"; "Persona, beni, società. Un modello"; "Ugo Spirito. Filosofo, Giurista, economista e la recezione dell'attualismo a Trieste"
Il prof. Pier Giorgio Gabassi ne traccia così il profilo:
"Paolo Gregoretti era un uomo mite e riservato. Nella pacatezza dei suoi modi celava un profondo travaglio interiore che era alla base della sua scelta scientifico disciplinare: la filosofia e in particolare la filosofia morale, aspetto del vivere, oltre che del pensiero di ricerca. Nella sua funzione istituzionale si è sempre mosso con rigore e coerenza ai principi etici derivati da una scelta di vita prima ancora che da un vincolo normativo. Egli apparteneva a quella schiera di giovani cattolici che durante e dopo la tempesta del 1968 avevano assunto posizioni politicamente distinte dall'onda ideologica di ispirazione marxista, ma per certi aspetti, vicini al sentimento diffuso di rinnovamento della politica e della società, pervaso da una inevitabile inquietudine generazionale. L'immagine che di lui rimane, è di un uomo che ha percorso in punta di piedi la carriera accademica evitando frequentazioni chiassose e scomposte, coltivando il suo pensiero e la sua visione di miglioramento dell'istituzione di appartenenza e della società, per piccoli costanti passi. Questi sentieri, apparentemente umbratili, andrebbero ripercorsi per recuperare il senso autentico della missione accademica."