La ricerca scientifica UniTS sul Covid-19

16 Luglio, 2020

Il contributo della ricerca UniTS sul Covid-19

L’emergenza sanitaria e le misure di contenimento del contagio hanno cancellato molte delle iniziative di divulgazione scientifica organizzate dall’Università di Trieste per i cittadini. L'Ateneo vuole comunque rimanere vicino alla cittadinanza e al territorio mettendo a disposizione di tutti il contributo di docenti e ricercatori alla ricerca sul Coronavirus e alle attività assistenziali correlate.

Stiamo pubblicando sul nostro canale YouTube una serie di videointerviste a docenti e ricercatori dell'Università di Trieste le cui ricerche riguardano da vicino, e non solo dal punto di vista medico, l’impatto della malattia respiratoria acuta da SARS-CoV-2 (Covid-19).

Medici, genetisti, ingegneri, chimici, economisti e informatici raccontano la propria ricerca e le sue ricadute per la cittadinanza, in termini di sicurezza e prevenzione, ma anche di ricadute economiche e ambientali. Dal riciclo dei dispositivi di protezione individuale ai modelli di previsione sull’andamento epidemiologico la ricerca dell’Università di Trieste, in collaborazione con gruppi di ricerca nazionali e internazionali, è dedicata tanto all’impiego di nuovi strumenti e sistemi di contrasto alla diffusione del Coronavirus, quanto allo sviluppo di progetti a vantaggio della vita sociale e lavorativa della popolazione e al coinvolgimento diretto di imprese e istituzioni.

La pubblicazione delle interviste prosegue con una raccolta di video sulla risposta sanitaria del Friuli Venezia Giulia all’emergenza epidemiologica, a partire dagli interventi dei docenti coinvolti in prima persona nelle strutture ospedaliere. Le strategie sanitarie adottate contro il Covid-19, come la diversa organizzazione dei reparti o i test diagnostici, risultano ancora essenziali per monitorare e contrastare la diffusione della malattia.

Nel corso della pandemia la ricerca del prof. Paolo Gasparini, docente di Genetica medica, si è incentrata sui dati emersi dallo screening, ossia dai test sierologici e dai tamponi eseguiti a tutte le persone che si recavano all’IRCCS Burlo Garofolo e a tutti i dipendenti, per individuare direttamente sul campo le persone positive e a tracciare i loro contatti. Il secondo step della ricerca è stato cercare di capire se ci possa essere una predisposizione genetica verso il Coronavirus e perché una quota importante dei soggetti studiati fosse totalmente asintomatica: da una parte ci si è concentrati nel sequenziamento dei genomi virali e dall’altra su quello del genoma umano. Afferma il prof. Gasparini che “è assolutamente fondamentale fare un gran numero di tamponi perché il virus non è andato via ancora del tutto, circola ancora tra noi, e oggi è fondamentale identificare subito i casi positivi per evitare che ripartano nuovi focolai”. Vai al video

Il prof. Roberto Luzzati, docente di Malattie infettive, racconta il ruolo delle strutture sanitarie regionali nella gestione dell’epidemia. Da una parte “la regione Friuli Venezia Giulia è stata interessata solo in un secondo tempo dall’epidemia, rispetto alla Lombardia e al Veneto”, un lasso di tempo nel quale “il reparto di malattie infettive, le strutture ospedaliere ed extra-ospedaliere hanno potuto attrezzare in modo diverso i reparti in modo da poter accogliere i pazienti Covid”. Dall’altra parte “abbiamo potuto assistere a un contenimento notevole dei casi, grazie proprio alle misure di lockdown, che sono state molto rigorose sia in regione, sia nella città di Trieste”. Per tali motivi, a partire dal mese di maggio, nel Friuli Venezia Giulia si è verificata una progressiva diminuzione del numero dei ricoverati “un trend epidemiologico che è stato in linea con quello del paese”. Vai al video

Il prof. Umberto Lucangelo, docente di Anestesiologia, racconta i primi giorni della crisi epidemica: "Pensavamo fosse una polmonite invece abbiamo visto essere una patologia estremamente più insidiosa e subdola perché il virus non colpisce solo il polmone ma anche l’apparato cardiocircolatorio e di quello neurologico”. Lucangelo ricorda che la risposta regionale all’emergenza sanitaria è stata fin da subito efficace: “abbiamo pensato a reparti multidisciplinari e polivalenti per venire incontro a tutte le esigenze dei pazienti, creando un modello vincente che ha permesso che nelle terapie intensive della regione ci fosse un’affluenza di pazienti estremamente selezionati perché già trattati in precedenza nei due blocchi che erano stati previsti a seconda dell’intensità e dell’esigenza delle cure. Trieste e il Friuli Venezia Giulia hanno dato una risposta efficace, efficiente e pronta, con dei risultati molto buoni in termini di mortalità. Se dovesse verificarsi un altro picco saremo pronti, abbiamo infatti dedicato a questo due piani dell’Ospedale di Cattinara, già attrezzati”. Vai al video

Per quanto riguarda il possibile ritorno dell’epidemia, e la futura gestione della malattia a livello regionale, il prof. Marco Confalonieri, docente di Malattie dell’apparato respiratorio, non esclude che il virus possa ripresentarsi in autunno “se si comporta come gli altri virus respiratori”. Tuttavia ricorda che “la ricerca non ha ancora chiarito quali siano le condizioni ambientali stagionali che favoriscono il virus”. Nel frattempo il suo team di ricerca si è messo al lavoro sul fronte della terapia: “abbiamo ideato un protocollo di trattamento precoce e prolungato con metilprednisolone (un glucocorticoide), a basse dosi, che ha mostrato risultati importanti nella riduzione della terapia intensiva e della mortalità nei pazienti gravi. A nostro conforto anche lo studio inglese Recovery organizzato dall’Università di Oxford che, utilizzando un altro tipo di cortisonico a basso dosaggio e prolungato nel tempo, ha portato agli stessi risultati". Vai al video

Fra i temi affrontati nelle prossime videointerviste:

  • Covid-19 e inquinamento (prof. Pierluigi Barbieri, prof. Alberto Pallavicini e prof.ssa Francesca Malfatti);

  • Il ruolo del Dipartimento di Ingegneria e Architettura nel coordinamento della ricerca e della terza missione ai fini della lotta contro il virus (prof. Alfredo Contin).

Di seguito le videointerviste già pubblicate e disponibili sul canale sul nostro canale YouTube:

Sul tema del riciclo dei dispositivi di protezione si sta concentrando da qualche mese la ricerca condotta dal team interdipartimentale “TemaTs”, di cui fanno parte il prof. Vanni Lughi, docente di Scienza e tecnologia dei materiali, il prof. Gianluca Turco, docente di Biomateriali e ingegneria tissutale e il prof. Pierluigi Barbieri, docente di Chimica dell’ambiente e dei beni culturali. L'obiettivo è quello di migliorare le prestazioni dei dispositivi di protezione e i sistemi di prevenzione (tute, mascherine, sterilizzazione delle superfici, ecc.), attraverso la valutazione dell’effetto barriera e delle proprietà meccaniche dei materiali, come la resistenza alla trazione e alla macerazione, senza trascurare l’impatto economico e ambientale derivato dal riuso: anche un solo riutilizzo di una tuta significa dimezzare i rifiuti speciali che produciamo e di conseguenza ridurre notevolmente i costi. “Con questa task force”, dice il prof. Lughi, “siamo riusciti a dare una risposta immediata alle necessità del territorio durante l’emergenza Covid e questo grazie sia alle nostre competenze scientifiche ma anche al supporto tecnico dei dipartimenti e in particolare delle officine che ci hanno permesso di adattare anche la nostra strumentazione in brevissimo tempo”. Vai al video 

La ricerca del prof. Thomas Parisini, docente di Automazione che dal 2016 svolge attività di ricerca e insegnamento anche all'Imperial College di Londra, coniuga il tema del contenimento della pandemia con l’automazione, concentrandosi sull’analisi matematica per la proposta di politiche che consentano di contenere la diffusione della Covid-19 senza impedire la vita sociale ed economica della popolazione. Lo studio, che rientra nella neonata "scienza del lockdown", fa parte di una ricerca condotta da un ampio gruppo internazionale e si pone l'obiettivo di proporre misure di contenimento del contagio che permettano di svolgere le attività quotidiane contemporaneamente alle strategie di mitigazione del virus: non più estesi lockdown e lunghe fasi di attività in cui si riprende la vita normale, ma brevi lockdown alternati a rientri all’attività quotidiana. Studi epidemiologici confermano nei vari paesi gli effetti e i benefici di questo sistema, ma anche le difficoltà di realizzazione, visto che richiede di cambiare routine e abitudini consolidate come, per esempio, uscire di casa sempre negli stessi orari, finendo col concentrarsi in bus, treni e metropolitane negli stessi momenti della giornata. Vai al video 

Visiere e maschere realizzate con la stampa 3D nel corso dell’emergenza sanitaria sono invece al centro del progetto sviluppato dalla prof.ssa Francesca Cosmi, docente di Progettazione meccanica e costruzione di macchine. Lo studio prevede la realizzazione di visiere o la riconversione di maschere sportive in dispositivi di protezione più agevoli, con costi economici contenuti, che permettano lo svolgimento in sicurezza delle diverse attività professionali. I prototipi di tali dispositivi, che hanno suscitato l’interesse delle strutture sanitarie e di altri enti pubblici, sono resi prontamente disponibili nel caso di una nuova emergenza pandemica. “Nell’emergenza Coronavirus i reparti di terapia intensiva hanno vissuto giornate drammatiche legate anche alla difficoltà di avere sufficienti dispositivi per aiutare i pazienti che necessitavano di assistenza respiratoria, come pure i dispositivi di sicurezza per gli operatori sanitari”, dice la prof. Cosmi, “e la tecnologia ha giocato un ruolo importante per trovare soluzioni adeguate nel minor tempo possibile”. Vai al video

Parte invece dalla statistica lo studio che ha cercato di prevedere il numero degli ospedalizzati e delle terapie intensive nelle diverse regioni del nostro Paese. La ricerca, svolta nel momento di maggior impatto dell’epidemia da Covid-19, si è basata sulla raccolta e sull’analisi dei dati a disposizione giorno per giorno con l’obiettivo di prevedere la pressione che ci sarebbe stata sulle strutture sanitarie. In tal modo era possibile, secondo il prof. Nicola Torelli, docente di Statistica, “misurare l’efficacia delle politiche di contenimento che erano state adottate”. Lo studio, realizzato insieme al prof. Leonardo Egidi, docente di Statistical Methods for Data Science, risulta valido anche in questa fase successiva dell’emergenza poiché ci aiuta a monitorare l’andamento dell’epidemia dopo il lockdown. Come afferma il prof. Egidi, “i modelli realizzati possono essere arricchiti da ulteriori dati in modo da monitorare da vicino l’indice R0, per tutta la durata dell’emergenza e del post lockdown. Vai al video 

Contatti e info:

Ufficio Servizi per la divulgazione scientifica - Università degli Studi di Trieste

e-mail: divulgazione.scientifica@units.it