Due videointerviste completano gli studi di UniTs sul Covid19

23 Novembre, 2020

 

La ricerca scientifica UniTS sul Covid-19

Due nuove interviste completano sul nostro canale YouTube la serie di videointerviste a docenti e ricercatori dell'Università di Trieste le cui ricerche riguardano da vicino, e non solo dal punto di vista medico, l’impatto della malattia respiratoria acuta da SARS-CoV-2 (Covid-19).

Patrizia Romito, docente di Psicologia sociale, e Giuseppe Borruso, docente di Geografia economico-politica, si uniscono alle voci di medici, genetisti, ingegneri, chimici, economisti e informatici, raccontando la propria ricerca e le sue ricadute per la cittadinanza.

La ricerca della professoressa Patrizia Romito si concentra sulla violenza domestica ai tempi del Covid-19, su quanto accaduto nella prima ondata dell’emergenza pandemica e soprattutto sul periodo di confinamento dei mesi di marzo e aprile 2020, quando si è manifestata una forte preoccupazione sociale per la sorte delle donne vittime di violenza dal partner. La coabitazione giorno e notte con il violento, l’aumento dello stress e l’oggettiva difficoltà per le vittime di rivolgersi ai servizi dedicati per chiedere aiuto, hanno fatto ipotizzare un aumento drammatico delle violenze. Finora tuttavia non esistono dati, né in Italia né all’estero, che mostrino un aumento della violenza contro le donne nel periodo del confinamento. Nel nostro paese, le informazioni sono limitate e in parte contraddittorie. È necessario disporre di dati affidabili: solo così è possibile comprendere in quali situazioni la violenza è più o meno frequente, quali sono le situazioni di maggior rischio e quali le misure preventive più efficaci. Il confinamento di marzo e aprile rappresenta una sorta di esperimento naturale che ha permesso di analizzare, come sotto una lente di ingrandimento, cosa accade in situazioni di grande isolamento e co-abitazione intensiva, come è avvenuto per le donne che convivono con il partner violento o, all’opposto, cosa accade in situazioni di distanziamento rigoroso, come è avvenuto invece per le donne già separate dal partner.

Il nostro Paese è stato colpito dalla pandemia di Covid-19 in maniera più precoce e più grave che in altri paesi. Perché prima l’Italia? È questa la domanda a cui ha cercato di rispondere, in piena emergenza pandemica, il professor Giuseppe Borruso assieme a un gruppo di scienziati delle Università della Basilicata, di Cagliari, di Sassari, mettendo in relazione la diffusione del virus in Italia con le particolari condizioni climatiche, atmosferiche, ambientali, geografiche ed economiche della Val Padana, evidenziando delle similitudini con quelle di Wuhan, la città della provincia di Hubei, in Cina. Il gruppo di ricerca – composto da studiosi nel campo dell’urbanistica e della pianificazione, della geografia umana ed economica e della epidemiologia e della medicina – ha ricostruito un inedito indicatore di mortalità da SARS-Cov-2 a livello provinciale, che ha confermato una mortalità superiore alle attese nel Nord Italia, mentre nel resto della penisola si è mantenuta in linea con l’anno precedente, se non addirittura inferiore. Gli autori dello studio hanno osservato delle relazioni molto forti tra tasso di mortalità, scarsa qualità dell’aria e aumento del consumo di suolo, nonché con alcune caratteristiche dell’area, soprattutto l’ampia mobilità pendolare e la dimensione e la densità medie degli insediamenti. Guarda i video

Contatti e info: Ufficio Servizi per la divulgazione scientifica - Università degli Studi di Trieste

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