Diritto alla verità e diritti umani: brevi riflessioni sul caso Zaky

30 Novembre, 2020

Gli eventi drammatici del caso Zaky, che hanno colpito un giovane egiziano impegnato a perfezionare i propri studi in Italia, stimolano ancora qualche riflessione in merito alla tutela dei diritti fondamentali dell’individuo.

La condizione dell’individuo è oggetto di norme consuetudinarie consolidate nel diritto internazionale generale, da cui derivano, per ogni Stato, limiti alla sua potestà di governo e garanzie da assicurare con effettività.

Vari sono pertanto i profili rilevanti di diritto internazionale nel caso Zaky, attivista per i diritti umani e studente del Master istituito dall’Università di Bologna “Gemma”, in Studi di genere, sulle donne e sui diritti Lgbt.

Zaky è stato arrestato, al rientro in Egitto nello scorso febbraio, e detenuto preventivamente in attesa di un processo continuamente rinviato a causa della paralisi dell’attività giudiziaria in Egitto per la pandemia da Covid 19.

Non rileva il tema della protezione diplomatica, attivabile dallo Stato di cittadinanza, anche nei confronti dei propri sudditi residenti all’estero, per i quali fondatamente questo può esigere, nei confronti dello Stato di residenza, occasionale o stabile che sia, il rispetto di alcuni diritti fondamentali, segnatamente all’incolumità fisica, ovvero alla tutela contro ogni tipo di offesa, alla libertà personale, al riconoscimento della capacità giuridica e di agire, al rispetto della dignità della persona, all’accesso alla giustizia e all’equo processo- istituto ben noto in seguito al tragico caso di Giulio Regeni. Ciò in ragione del fatto che Zaky è cittadino egiziano, arrestato e detenuto nel proprio Stato.

Rilevano però, nel caso Zaky, i principi e le garanzie che derivano dalle norme sui diritti fondamentali della persona umana, che, per quanto attinente ai diritti essenziali alla vita, alla incolumità fisica, alla dignità personale, all’accesso alla giustizia e all’equo processo, possono presentemente ritenersi oggetto di norme generali cogenti, di cui sono destinatari tutti gli Stati, indipendentemente dalla loro partecipazione ai regimi convenzionali, ormai numerosi in materia.

Tra tali fonti normative si segnalano, per la loro larga estensione di applicazione a tendenza universale, i Patti delle Nazioni Unite del 1966, rispettivamente sui diritti civili e politici, e sui diritti economici, sociali e culturali che prevedono pure, per gli Stati che vi hanno consentito, procedure di tutela mediante ricorsi individuali ad organi internazionali di controllo. Le garanzie previste da tali atti possono operare, infatti, in maniera universale, ovvero al di là della connessione tra la violazione dei diritti e il territorio di uno Stato ad essi aderente, come riconosciuto ampiamente anche dalla prassi del Comitato delle Nazioni Unite per i diritti umani, organo di controllo di tale atto e le deroghe alle previsioni normative in essi contenute possono attuarsi nelle situazioni di emergenza espressamente codificate e secondo le procedure a ciò rivolte (comunicazione al Segretario generale delle Nazioni Unite).

Inoltre, pare opportuno ricordare che l’Egitto ha ratificato la Carta africana dei diritti dell’uomo e dei popoli, fonte regionale di tutela dei diritti fondamentali, e quindi le garanzie previste da tale atto si applicano nel caso di specie, seppure nei limiti delle riserve apposte a tale Convenzione, che hanno specifica rilevanza per una delle supposte violazioni subite da Zaky ove si accertasse la connessione delle stesse con l’attribuzione del reato di diffusione di fake news. L’Egitto ha infatti ratificato la Carta africana del 27 giugno 1981, con riserva di attuare esclusivamente in conformità al diritto islamico l’art. 8 (libertà di coscienza e di religione) e l’art. 18 par. 3 (divieto di discriminazione nei confronti della donna); inoltre ha subordinato l’attuazione dell’art. 9, par. 1, diritto all’informazione, ai limiti stabiliti dalle leggi e dai regolamenti nazionali, di fatto inserendo una clausola di limitazione di tale disposizione. La garanzia internazionale della tutela del diritto all’informazione è quindi limitata dalla riserva apposta dall’Egitto per corrispondere alle prescrizioni nazionali.

Più in generale, rileva nel caso Zaky, anche il diritto alla verità, in quanto garantito da un principio giuridico internazionalmente rilevante ed evidenziatosi in tutta la sua urgenza nel tragico caso di Giulio Regeni; è innegabile ormai che la diffusione delle informazioni come antidoto contro la collusione e la tolleranza di atti contrari ai diritti fondamentali abbia assunto un rilievo fondamentale nelle relazioni internazionali.

L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti dell’uomo lo ha delineato in uno Studio generale sul diritto alla verità, in cui si analizza una serie di casi in cui le aspettative degli interessati e della società in generale sono collegate alla diffusione delle informazioni; la Corte europea dei diritti umani lo ha confermato nel caso Al – Masri del 2012, nonchè nel caso Abu Omar, deciso nel febbraio del 2016.

Verità e diritti fondamentali risultano pertanto un tema di vivo e attuale interesse, discuterne e analizzarne le implicazioni reciproche non può che migliorarne l’effettiva attuazione.

 

Sara Tonolo

Prof. di Diritto internazionale e direttrice del Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali