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Perché “solo e pensoso”

Roberto Spazzali

Solo e pensoso: La voce del Petrarca negli istituti tecnici

 

Perché “solo e pensoso”?

In primo luogo per la collocazione nell’ambito dei Curricoli Nazionali che prevede di affrontare lo studio di Petrarca e della sua poesia nel corso della classe III, ma a quale prezzo e in quali condizioni?

            In una difficile condizione di convivenza, compresso e compreso in una complessa articolazione che prevede non pochi passaggi cruciali: 1. l’avvio dello studio della letteratura dalle sue origini, passando per siciliani, stilnovisti; 2. Dante Alighieri e Giovanni Boccaccio; 3. poema cavalleresco di Ludovico Ariosto col sacrificio inevitabile di Torquato Tasso da rimandare all’inizio dell’anno successivo.

Questo a grandi linee, ma non voglio dimenticare Umanesimo, trattatistica rinascimentale con Machiavelli su tutti, quindi cronisti e viaggiatori e poi tutti i riflessi poetici quattrocenteschi del pertrarchismo e dei suoi modelli cinquecenteschi, oltre che la letteratura realistica nel filone municipale e/o cortigiano. E perché no, anche la storiografia rinascimentale di Guicciardini?

Si potrà obiettare che un tempo, forse non molto tempo fa tutto questo si faceva, a scuola, e senza particolare gravame per gli studenti.

Ma oggi? Evidentemente dobbiamo fare i conti con una preparazione di base che non prevede piú un approccio sistematico alle discipline, senza per questo dover dubitare che non ci siano gli elementi fondanti. Si tratta di ripensare l’approccio in una condizione di studio di lunga durata, che non può rimanere confinata nella programmazione della sola classe terza. Ciò deve imporre la necessità di rivedere tanto le linee di progettazione didattica, quanto l’approccio che s’intende dare alla poesia e poetica di Petrarca, proprio per evitare di confinare il suo studio senza costrutto.

Per esempio, già nel biennio, nell’ambito dell’educazione letteraria, si può tranquillamente introdurre la lettura di alcuni significativi componimenti ed individuare la continuità nella poetica italiana della lezione di Petrarca, intesa come motivo culturale profondo.

Prima di affrontare il tema di come proporre Petrarca in classe sarà bene prendere in esame come Petrarca e la sua poetica sono presentati dagli autori di alcuni manuali. Non è cosa rara osservare approcci diversi, talvolta assai diversi se non divergenti.

 

1.      Petrarca: uomo comune o modello virtuoso?

Già qui emergono i primi problemi interpretativi: per gli autori di un’antologia che fino a qualche anno fa raccoglieva diffusi consensi, Francesco Petrarca è da considerare quale “primo umanista”, la cui grandezza poetica è determinata dalla spontanea profondità dei sentimenti. Quesito: è da considerarsi “primo umanista” per l’entusiasmo profuso nella ricerca della cultura classica e per lo spirito inquieto? Ma se questa è la posizione del Samburgar/Ermini,[1] in un altro manuale Francesco Petrarca è proposto come preumanista, precursore di un nuovo ideale di umanità. Secondo l’antologia curata da Carmen Siviero e Alessandra Spada, Nautilus, pubblicata dalla Zanichelli, il poeta è il diretto precursore degli umanisti perché manifestò grande interesse per la cultura e la lingua latina, e in tal senso riporta l’episodio del ritrovamento delle epistole di Cicerone. Nessun interesse speculativo a dimostrare segni di precristianità in alcuni autori classici, ma sola attenzione al lavoro di recupero dell’originalità del pensiero dei classici.[2] Quindi un Petrarca filologo e “restauratore” senza mai scivolare nell’imitazione.

            Dal canto loro Benedetta Luppi e Daniela Palamidese, autrici di Corrispondenze, un’antologia rivolta al mondo degli Istituti Tecnici Industriali, si sbilanciano nel giudizio affermando che il poeta non aveva piú fede nelle concezioni universalistiche medioevali, si accostava allo studio degli autori antichi senza intenti allegorizzanti.[3] Uomo mondano ma anche individualista, privo di passioni di partito però appartenente alla nascente civiltà borghese e al tempo stesso cosmopolita. Le due autrici accentuano poi il carattere soggettivista del Secretum e del De vita solitaria per dimostrare il superamento della visione teocentrica e l’anticipazione di una sensibilità umanistica. Forse meno convincente appare l’interpretazione “psicologica” che si vuole forzare sull’intendere del poeta: egli non sonda gli “abissi dell’inconscio” (testuale) ma fa riferimento alla propria coscienza e ai dettami morali derivati dalla formazione cristiana e da una approfondita conoscenza dei classici. Ne deriva un profilo personale dilaniato da un conflitto interiore dibattuto tra sottomissione a vane passioni e il desiderio di elevarsi da costoro; Petrarca sembra essere consapevole dei suoi limiti, della propria fragilità, dell’incapacità di tenere fede ai propositi. E concludono sentenziando una discutibile inerzia spirituale motrice della sua poetica. 

            Di tutto altro avviso gli autori di Moduli di Scrittura, quando colgono in Petrarca il senso della missione dell’intellettuale moderno: mondano e cittadino della patria delle lettere e molto lontano dallo spirito esule di Dante. Lontano dalle fazioni, estraneo alla visione municipalista, distante tanto dal sapere enciclopedico quanto dalla cultura filosofica medioevale. È il primo intellettuale che cerca direttamente committenti e mecenati non troppo oppressivi.[4]

            Ciò potrebbe essere un ottimo spunto, se non sopravvivessero ancora in qualche autore giudizi assai duri, che fanno di Petrarca un reazionario, al servizio dei potenti, modello di cortigiano, pure ipocrita anche quando egli si infatuò di Cola di Rienzo, profetizzando una restaurazione della Roma repubblicana. Senza alcuna mediazione viene proposta da Elena De Paolis siffatta interpretazione che utilizza l’Invettiva contro un uomo di alta condizione, ma senza dottrina e senza virtú, nella traduzione di G. P. Ricci. Non solo, ma si dipinge un Petrarca in contraddizione con se stesso: protetto dai potenti, ricco possidente ma al tempo stesso teso a cercare rifugio nella solitudine.[5]

            Si badi che assai raramente nella manualistica scolastica si mette in luce la contraddizione umana presente in un intellettuale: spesso nelle antologie prevale un’inclinazione ad offuscare tutto ciò che potrebbe pregiudicare lo stereotipo del modello virtuoso.

            In un certo senso c’è una restituzione “umana” della figura del poeta, anche quando egli confessa di non essere migliorato dopo la lettura di Aristotele: insomma di non riuscire ad amare la virtú ed odiare il vizio.

            Allora gli va riconosciuta la sua posizione posta sul crinale tra cultura medioevale ed Umanesimo, con tutti i suoi limiti: questo è l’aspetto che deve essere colto in un itinerario didattico svolto all’interno dell’Istruzione Tecnica.

                       

2. Tra due epoche

Secondo il Sambugar/Ermini, Petrarca si colloca nella scia degli stilnovisti: attribuzione derivata dalla ricerca della perfezione stilistica e linguistica. Sono le posizioni di Natalino Sapegno che vengono riproposte allo studente, da parte degli autori, senza mediazione e come unica e possibile versione interpretativa. In una scheda si aggiunge che le sue opere sono testimonianza del temperamento e di confronto tra due civiltà: medioevale e rinascimentale, la prima fondata su principi religiosi (ma sarebbe piú corretto dire teologici) e la seconda sulla rivalutazione dell’uomo (non necessariamente laica).

In un’altra antologia si sottolinea l’immediata fortuna della sua opera, fondata sul prestigio attribuito al poeta quando ancora viveva e poi per l’affermazione di una generazione coeva e successiva di poeti che alla sua opera si è ispirata. Eppure solo in un caso si accenna all’aspirazione di dare vita ad una res publica litterarum[6] e quindi la nascita di un nuovo ideale di letterato: osservazione assai preziosa se si vuole, da qui in avanti, per individuare una persistenza petrarchesca, non solo stilistica, nella poesia italiana.

Effettivamente non traspare un complessivo problema della collocazione, come invece è messo in luce da un testo di letteratura destinato alle classi terze degli Istituti professionali, in cui il Petrarca risulta interprete della crisi della cultura trascendentale e dell’ideale di vita ultraterrena, intesa come guida morale. Davanti al tramonto degli universalismi propone una centralità dell’autonomia dell’uomo fondata sulla personale biografia umana ed intellettuale che si forma nel corso dei suoi viaggi, ma anche in questo caso viene sottolineato lo scarso interesse verso il mondo borghese e mercantilistico che lo rende diverso anche dal coevo Giovanni Boccaccio.

Non ci sono dubbi sul nuovo profilo dell’intellettuale che prende forma proprio con Petrarca, giustapposto a Dante, destinato ad aprire verso l’ormai prossimo Umanesimo senza essere in grado di elaborare in modo autonomo un modello.[7]

Già da queste prime note appare assai impegnativo dipanare la matassa dei giudizi e delle indicazioni che si presentano nei libri di testo: possiamo facilmente immaginare le difficoltà per assicurare un’informazione chiara, che metta in luce anche le contraddizioni di un poeta ed intellettuale posto a cavaliere tra due epoche e del cui passaggio è pienamente consapevole.

 

3. L’eredità culturale

            Per definire correttamente l’eredità culturale di Petrarca si può partire dai temi fondamentali della sua opera: l’ideale di umanità generosa ed eroica; il dissidio interno tra valori morali e passioni terrene; la tensione prodotta dalla sensualità e dalla passione; una solitudine temuta ma anche ricercata; l’amore per la donna amata e il contrasto tra il significato di amore terreno e tensione religiosa; la natura come specchio dei sentimenti.

            Se si presta attenzione, troviamo tutti i grandi motivi della poetica fino al Novecento, ai quali si deve aggiungere l’apporto dato nel rinnovamento di stile e linguaggio. Le scelte del poeta, ma anche lo sperimentalismo cercato nell’ideale della perfezione delle forme – fino all’imitazione – di Catullo, Properzio, Tibullo, l’impegno per elevare la lingua volgare alla raffinatezza del latino, sono elementi sui quali fare forza nell’ambito dell’intervento didattico che deve porre Petrarca soggetto e non oggetto dell’unità di apprendimento.[8]

            Perché, allora, non trasmettere l’idea di un Petrarca che pone al centro l’uomo e la sua dignità intellettuale, mediatore tra la cultura cristiana, di cui non riconosce il primato teologico, ed i classici dell’antichità?

            Lo stesso fatto di sentirsi italiano per scelta culturale, quale interprete dell’eredità della civiltà romana, e propugnatore di una nuova Italia, dovrebbe suggerire all’insegnante un percorso capace di mettere in luce almeno uno dei motivi riconducibili al “petrarchismo”, come fenomeno culturale complesso di lunga durata e non sola imitazione stilistica e lessicale, da cui la modernità di Petrarca costituita dalla consapevolezza dell’impotenza dell’uomo davanti alla società. Una prima proposta può prevedere l’individuazione del legame tra Petrarca e la tradizione dell’amor cortese, da cui egli riprende alcune idee di fondo, quali il carico della tensione inappagata per un amore lontano dalla sfera sensuale e materiale ma testimonianza di una ricerca umana.

            Con qualche avvertenza si può indirizzare la classe a cogliere l’affermazione nella poesia petrarchesca della categoria della bontà presente in una donna dotata di ogni virtú, da confrontare con la visione angelica stilnovista e soprattutto dantesca.[9]

            Decisamente piú difficile risulta far apprezzare tra gli studenti di un Istituto Tecnico gli effetti del bilinguismo petrarchesco, la valorizzazione del latino e delle affinità stilistiche che porteranno la reinvenzione di una lingua d’arte.

 

4.      Il senso della novità poetica

Nel citato Sambugar/Ermini si sottolinea l’effetto di una poesia che ondeggia tra sentimento e sogno e che nasce dalla delusione e dal rimpianto: insomma frutto di un travaglio non tanto umano e personale quanto conosciuto ed esercitato fin dai severi studi giovanili su Virgilio, Orazio, Ovidio, Cicerone. Se è ben vero che Petrarca narra, per la prima volta il tormento e la passione umana, bisogna allora collocare il Canzoniere in questo preciso contesto: non solo raccolta poetica piú o meno organica, come gran parte delle antologie frettolosamente indica prendendo spunto dall’indicazione minimalista Rerum vulgarium fragmenta, ma diario se non proprio romanzo lirico d’amore, dove l’amore è vissuto nella trasfigurazione dell’arte. Magari non tutti sono disposti a sottoscrivere la definizione di diario, mancando unità temporale e non essendoci registrazione diretta di fatti colti nel loro divenire, eppure è presente una continua rievocazione che attinge dalla memoria fisica. E poi non c’è solo l’amore, poiché si parla di amicizia, di impegno civile, di passione letteraria. E poi il ricordo della donna amata è immerso in una natura e in un paesaggio le cui forme danno sostanza agli stati d’animo.

Ecco, allora, un altro tratto di modernità: corrispondenze sensoriali, scavo interiore e confessione che pongono l’opera in una posizione assolutamente centrale sull’orizzonte letterario, come modello materiale e fonte d’ispirazione. E se l’amore profano entra in conflitto con le aspirazioni di una vita alta e pura, la poesia mantiene quel carattere introspettivo già presente nel Secretum e nelle Rerum familiarum libri.

      L’uomo di Petrarca è soggetto di altissima dignità, microcosmo, dotato di libero arbitrio che lo mette nelle condizioni di scegliere e decidere, ma anche di avere un ruolo sulla natura.[10] Ecco perché il Canzoniere può essere presentato come opera in cui confluisce la riflessione su grandi temi morali per i quali Petrarca non poteva esimersi dal prestare la massima attenzione: quel gusto nel dettaglio, il perfezionismo stilistico va invece spiegato nella ricerca di una lingua capace di esprimere e spiegare i piú complessi e vari argomenti. C’è tutta la consapevolezza dell’intellettuale davanti alle forme della comunicazione.

      Altri motivi di modernità risiedono nella garbata polemica con Dante e l’atteggiamento di attenzione verso la scienza o di utilità delle attività “meccaniche”. Questi sono aspetti che si possono valorizzare per un approccio all’autore, pensando di dover dare vita ad un percorso dove si tratta di tenere a vista l’ispirazione e la rielaborazione personale di quanti altri, poeti, si ispireranno da Tasso a Leopardi, fino al Novecento.

Poi, magari, emergerà qualche altra originale interpretazione sull’antimodernità di Petrarca, ma è bene discuterne anche nell’aula scolastica, perché ci sono tutti i piú buoni motivi per dichiarare l’inderogabilità di Petrarca nella scuola italiana.[11] 

 

5.      Laura: non solo amore

E veniamo a Laura. Nel Sambugar/Ermini troviamo scritto che nel Canzoniere, Petrarca espresse la “sua platonica passione per Laura”, interpretando i piú segreti sentimenti, al punto di fare egli stesso protagonista dell’opera. Per gli autori non è importante accertare l’esistenza o meno di Laura, perché siamo in presenza di una poesia nuova (“spogliata da ogni velo allegorico e da ogni concettualismo [che] attinge le note piú alte dalla profondità del cuore”). Invece, in altre antologie si sottolinea la presenza terrena di Laura come motore principale di un amore che sembra non piú attingere a garanzie metafisiche. Cosí alcuni autori interpretano l’apparizione di Laura di portata psicologica che giunge da una creatura terrena, legata alla vita umana, gravata dal peso del tempo (in vita e in morte, appunto) e perciò principale ispiratrice.[12] Le interpretazioni oscillano dall’ossessione quasi fisica per quella donna che lo condizionerà tutta la vita ad un dramma confinato all’interno della sua esistenza, capace addirittura di distrarlo dai problemi che attanagliano la sua epoca.[13] Un amore vero, quindi, che gli rimpicciolisce ogni altra contingenza materiale: questo è un aspetto che può indirizzare lo studente al un primo approccio, a cui può fare seguito un altro ordine interpretativo legato alla forza del dialogo che Petrarca instaura con se stesso tramite la continua rievocazione di Laura. Senza scomodare l’autoanalisi e lo scavo nel profondo della coscienza, si può tranquillamente sottoscrivere la definizione del Canzoniere come di un “libro dell’anima”.

 

 

6. Un percorso possibile

In buona sostanza tutte le antologie propongono una scelta esaustiva delle sue opere, con buone traduzioni di quelle in latino e un sufficiente approccio all’apparato critico letterario. Qualche manuale presenta pure una aggiornata sitologia che può orientare lo studente in ricerche e approfondimenti.

Quello che si presenta di seguito è un’ipotesi di progettazione didattica modulare.

(Fonte: P. Di Sacco, G. Cervi, F. Fioretti, M. Serio, Moduli di Scrittura. Medioevo e Rinascimento. Lirica e narrazioni. vol. 1 C, Edizioni Scolastiche Bruno Mondadori, Milano, 2002)

 

MODULO: Petrarca e la tradizione del petrarchismo                            20 ore

LINEE INTERPRETATIVE

 

1. U.D. Francesco Petrarca e il Canzoniere

Il declino della cultura medioevale: il Trecento (A-32)

Poesie erudite, morali e polemiche

(C-32/37)

 

L’epistolario (C-41/49)

 

 

Il Canzoniere (C-66/87)

 La critica: G. Contini, (C-93)

 

 

 

 

2 U.D. La poesia del Quattrocento e la lirica del Cinquecento

Verso il petrarchismo (C-117)

 

 

La civiltà delle corti (A-107)

Lirica alla corte medicea

 

 

 

I modelli del petrarchismo cinquecentesco (C-153)

 

 

Il petrarchismo in Francia ed Inghilterra, (C-157)

Il petrarchismo nella parodia di Berni,

(C-162)

AUTORI

 

 

Francesco Petrarca

(C-16)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Matteo Maria Boiardo

 

 

Lorenzo de’Medici

 

Poliziano

 

 

 

Pietro Bembo

 

Luigi Tansillo

SCELTE ANTOLOGICHE

 

 

 

 

 

Dal De vita solitaria: La vita solitaria e il colloquio con i classici (C-32)

Dal De sui ipsius et moltorum ignorantia: La scienza e la fede (C-33)

Dalle Familiari: La salita al monte Ventoso (C-41)

 

Dal Canzoniere:

Voi ch’ascoltate in rime sparse il suono I (C-66)

Solo et pensoso i piú deserti campi XXXV (C-68)

Movesi il vecchierel canuto et biancho XVI (C-89)

Erano i capei d’oro a l’aura sparsi XC (C-93)

 

 

 

Da Amorum libri tres, I, 36, Datime a piena mano e rose e zigli (C-127)

 

Dai Canti carniascialeschi, Canzona di Bacco (C-130)

Dalle Rime, I’mi trovai, fanciulle, un bel mattino (C-135)

 

 

Dalle Rime, Crin d’oro crespo e d’ambra tersa e pura (C-161)

Strane rupi, aspri monti, alte tremanti, (C-169)

 

 



[1] Sambugar, Ermini, Pagine di letteratura italiana ed europea. Profilo storico e antologia. 1.Dal Medioevo all’Umanesimo, 1997 La Nuova Italia, Firenze.

[2] C. Siviero, A. Spada, Nautilus. Alla scoperta della letteratura italiana, Antologia. Vol. 1 Dalle origini al Cinquecento, Zanichelli, Bologna, 2000.

[3] B. Luppi, D. Palamidese, Corrispondenze. La letteratura italiana per moduli, vol.1, 2001, Clio 2001.

[4] P. Di Sacco, G. Cervi, F. Fioretti, M. Serio, Moduli di Scrittura. Medioevo e Rinascimento. Lirica e narrazioni.vol. 1 C, Edizioni Scolastiche Bruno Mondadori, Milano 2002.

[5] E. De Paolis, La letteratura. Forme e tecniche, 1, Cedam, Milano, 1997;

[6] B. Luppi, D. Palamidese, cit.;

[7] F. Cioffi, A. Cristofori, E. Gavazzi, Nuovi percorsi di letteratura.Edizione verde, Edizioni Scolastiche Bruno Mondadori, Milano, 2003.

[8] F. Cioffi, A. Cristofori, E. Gavazzi, cit.; Sambugar, Ermini, cit.

[9] P. Di Sacco, G. Cervi, F. Fioretti, M. Serio, cit.

[10] B. Luppi, D. Palamidese, cit.

[11] C. Ossola, Petrarca l’antimoderno, “Il Sole 24 ore”, 9 maggio 2004.

[12] P. Di Sacco, G. Cervi, F. Fioretti, M. Serio, cit.

[13] E. De Paolis, cit.

© Copyright 2001 CSIA - University of Trieste Ultima modifica il 01.09.2005
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