Su Tree Physiology lo studio su pino nero e aridità

08 Maggio, 2017

Laura Petrucco, Andrea Nardini, Georg von Arx, Matthias Saurer, Paolo Cherubini

Isotope signals and anatomical features in tree rings suggest a role for hydraulic strategies in diffuse drought-induced die-back of Pinus nigra.

Tree Physiology (2017) 37 (4): 523-535. DOI: https://doi.org/10.1093/treephys/tpx031

Le stagioni estive degli ultimi decenni, spesso molto calde e aride come quelle del 2003, 2012 e 2015, hanno lasciato un’impronta nelle foreste europee, dove sono visibili molti alberi del tutto o parzialmente disseccati. Questi fenomeni stanno preoccupando scienziati in varie regioni della Terra, dove vengono osservati progressivi aumenti del tasso di mortalità degli alberi, indotti appunto da eventi di aridità anomala. Anche l’area del Carso è stata interessata in anni recenti da una moria di esemplari di pino nero, e ancora oggi molti alberi mostrano chiome spoglie o brunastre. Tuttavia, accanto a questi esemplari morti o morenti, altri individui si presentano con chiome rigogliose dimostrando di essere in grado di superare indenni anche le stagioni estive più siccitose. Qual è il loro segreto?

Un recente studio del Laboratorio di Ecofisiologia Vegetale (Dipartimento di Scienze della Vita, Università di Trieste) guidato dal Prof. Andrea Nardini, in collaborazione con colleghi dello Swiss Federal Institute for Forest, Snow and Landscape Research (WSL, Birmensdorf, Svizzera) e del Paul Scherrer Institute, Laboratory of Atmospheric Chemistry (PSI, Villigen, Svizzera), svela le possibili basi fisiologiche della diversa risposta di individui di pino nero agli eventi di aridità. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Tree Physiology, guadagnandosi la copertina del numero di Aprile, e porta a primo nome quello di Laura Petrucco, studentessa (oggi laureata) della Laurea Magistrale in Ecologia dei Cambiamenti Globali dell’Ateneo triestino, che ha effettuato molte delle analisi al WSL grazie a una borsa Erasmus Placement.

Tramite il confronto della struttura e composizione chimica degli anelli di accrescimento del fusto di piante sane oppure deperite, lo studio ha permesso di effettuare un ‘viaggio nel tempo’ sino alla fine del 1800, epoca in cui gli esemplari di pino nero sono stati piantati nell’area nota come Bosco Bazzoni nell’ambito del vasto progetto di rimboschimento dell’area carsica. A partire da quella data, l’analisi del legno prodotto anno dopo anno ha svelato come i diversi individui abbiano risposto con strategie diverse alle mutevoli condizioni stagionali nel corso della loro vita più che centenaria. E’ stato così possibile osservare come gli individui che ancora oggi prosperano con chiome folte e verdi, siano quelli che anno dopo anno hanno saputo rispondere ad eventi climatici anomali risparmiando acqua anche a spese di un minore accrescimento. Al contrario, gli individui che sin dalla loro piantumazione hanno mostrato accrescimenti più vigorosi a spese di un maggiore consumo di acqua, non sono stati poi in grado di controllare il loro stato di idratazione durante le estati del 2003 e 2012, che hanno quindi innescato un processo di declino apparentemente irreversibile in questi alberi, predisponendoli anche all’attacco di funghi e altri agenti patogeni.

Lo studio ha destato interesse, guadagnandosi appunto la copertina di una prestigiosa rivista internazionale di fisiologia vegetale e scienze forestali, perché rivela come sottili differenze nella strategia di uso dell’acqua da parte di alberi pur appartenenti alla stessa specie possano tradursi in risposte marcatamente diverse ad eventi di aridità anomala, contribuendo infine a fare la differenza tra la vita e la morte. Considerato che tali eventi potrebbero ripetersi con sempre maggiore frequenza e intensità nelle prossime decadi, questa informazione potrebbe rivelarsi molto utile per orientare la selezione di alberi per il rispristino e il mantenimento delle foreste, a fronte dei cambiamenti climatici in atto.

Contatti:
Prof. Andrea Nardini
Dipartimento di Scienze della Vita
nardini@units.it